ORDINAZIONE DIACONALE DI DAVIDE BRAMBILLA

tableauSabato 1 ottobre ore 9,00 in Duomo

Davide, il seminarista che è stato con noi lo scorso anno, verrà ordinato diacono. Il 10 giugno 2017 riceverà l’ordinazione presbiterale.

Motto:  “Con amore che non conosce confini”

tratto dal Vere Sanctus della Preghiera Eucaristica VI

Veramente santo, veramente benedetto
è il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio tuo.
Egli, che è Dio infinito ed eterno, discese dal cielo,
si umiliò fino alla condizione di servo
e venne a condividere la sorte di chi si era perduto.
Accettò volontariamente di soffrire
per liberare dalla morte l’uomo che lui stesso aveva creato;
con amore che non conosce confini
ci lasciò quale sacrificio da offrire al tuo nome il suo corpo e il suo sangue,
che la potenza dello Spirito santo rende presenti sull’altare.

 

L’amore di Cristo è incommensurabile. È stato questo a guidare la sua azione di salvezza e la sua predicazione. Ed è con questo amore – come recita la PE VI – che egli “ci lasciò quale sacrificio da offrire al tuo nome il suo corpo e il suo sangue”, sacrificio che da presbiteri saremo chiamati a offrire quotidianamente sull’altare nella celebrazione eucaristica. Noi siamo chiamati ad annunciare e a testimoniare questo amore, senza confini di sorta, né geografici, né esistenziali. Con l’ordinazione siamo invitati ad assumere Cristo, il Crocifisso Risorto, quale paradigma di tutta la nostra esistenza, Lui che – come dice sempre la PE VI – “si umiliò fino alla condizione di servo e venne a condividere la sorte di chi si era perduto”.

 

Icona:   dall’Evangeliario Ambrosiano: Nicola Samorì, Venerdì Santo – Celebrazione della Passione del Signore, 2011, tempera su carta, Milano, Duomo

Per gentile concessione del Card. Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo emerito di Milano

Nella celebrazione pomeridiana del Venerdì Santo ambrosiano, durante la proclamazione della Passione, quando si giunge alla morte di Gesù, tutto si ferma in un silenzio orante. Quando il ministro riprende la lettura, volta la pagina dell’Evangeliario e si ritrova davanti un’opera che lascia senza fiato. Se normalmente le immagini affiancano il testo del vangelo che vogliono rappresentare, questa lo innerva e lo ingloba, azione che è propria del mistero che raffigura.

L’artista contemporaneo Nicola Samorì (Forlì 1977) illustra la crocifissione di Cristo in una doppia pagina di un nero cupo, che sottolinea il carattere drammatico degli eventi che ora verranno narrati: il sole si oscura, la terra trema, il velo del tempio si squarcia da cima a fondo. Un crocifisso dai toni bianco-grigi si staglia sul fondo, circondato da una nube che appare sotto forma di piccolissime gocce bianche e d’oro: un cielo stellato che non conosce confini, così come l’amore di Gesù Crocifisso. Questi, sebbene derivante da un “modello” rinascimentale, si trasforma in apparizione, rivelazione di luce. È una visione diafana, inafferrabile. È un corpo che emerge dall’oscurità: dalle tenebre affiora la luce, per fenderla, squarciarla. È un’immagine di sospensione, di mistero. Un’irruzione di luce al cuore dell’oscurità.

Come preti, desideriamo essere capaci di portare la luce del Crocifisso Risorto anche nei luoghi più bui, nelle periferie più desolate: testimoniare così l’amore di Cristo che non conosce confini.

È significativo, infine, che sia il motto che l’icona siano strettamente connessi con la Pasqua: il motto proviene dalla Preghiera Eucaristica tipica della Veglia Pasquale e del tempo liturgico che con essa inizia, mentre l’opera d’arte è stata realizzata per illustrare il vangelo del Venerdì Santo. Dalla Pasqua, intesa nella sua unitarietà (passione, morte in Croce e resurrezione), sorge la nostra vocazione e ad essa desideriamo continuamente riferirci nel nostro ministero, poiché centro fondante della fede cristiana.

Da ultimo, motto e icona rivelano il nostro sentirci orgogliosamente parte viva della Chiesa ambrosiana. La Preghiera Eucaristica VI è propria solo del rito ambrosiano, e l’icona proviene dal Nuovo Evangeliario Ambrosiano donato alla nostra diocesi dal Cardinal Tettamanzi al termine del suo episcopato. Sentiamo l’onore e l’onere di servire il popolo della Chiesa milanese e di inserirci nella sua grande tradizione ecclesiale.